Le scale macrosismiche

Secondo una distinzione che risale al tempo in cui la sismologia, come disciplina scientifica modernamente intesa, muoveva i primi passi, i terremoti erano classificati in macrosismi e microsismi. Com’è intuitivo capire, tra i primi erano da considerarsi i terremoti oltre la soglia dell’avvertibilità umana, mentre i secondi erano quelli rilevati solo dagli strumenti sismici.

Il termine macrosismica ha dunque questa origine, cioè di disciplina che si occupa dei sismi “sensibili”, cioè percepiti dall’uomo. Ovviamente prima della diffusione degli strumenti sismologici e delle teorie sulla propagazione delle onde all’interno della Terra, la sismologia era in grado di studiare i terremoti solo dal punto di vista macrosismico.

Nei tempi attuali la macrosismica, e quindi lo studio degli effetti macroscopici dei terremoti, ha perso molte delle sue originarie peculiarità, sostituite com’è logico, da approcci prevalentemente quantitativi, sostenuti dall’utilizzo di strumentazione sempre più efficace. La macrosismica è restata per lo più legata alla classificazione dello scuotimento in base all’intensità stimata sugli effetti prodotti dal terremoto.

L’intensità può essere definita come una classificazione della forza dello scuotimento dovuto a un terremoto, riferita ad un dato luogo e derivata in base agli effetti ivi osservati. La definizione dell’intensità macrosismica è l’ultimo passo di un cammino scientifico fatto nella direzione della sempre maggior consapevolezza dei rapporti tra causa ed effetto, parlando appunto di terremoti. Questa consapevolezza si è evoluta particolarmente nella seconda metà del XVI sec., quando la concezione del fenomeno terremoto, uscendo definitivamente dalla sua collocazione fra i prodigi di eredità romana e medievale, acquisisce lo “status” di fenomeno naturale.

Sempre più studiosi, sullo slancio illuminista e sull’onda dell’emozione collettiva dopo i terremoti di Lisbona del 1755 e della Calabria del 1783, congetturarono ipotesi sulle cause dei sismi dall’osservazione diretta dei loro effetti. Dalla metà del 1800, cioè quando possiamo far iniziare gli studi sistematici di sismologia, agli inizi del 1900, l’unico modo per studiare i terremoti era osservarne gli effetti sull’ambiente e sui manufatti per cercare di derivarne le loro caratteristiche fisiche e quindi le loro cause. Le scale di intensità o macrosismiche nascono, pertanto, per classificare i terremoti e creare una sorta di “epidemiologia” sismica, cioè una raccolta di dati osservazionali, da cui derivare una catalogazione degli effetti.

Gli studiosi cominciarono quindi a classificare detti effetti per rendere le loro osservazioni comparabili da un terremoto all’altro. Per fare questo, furono individuati degli elementi diagnostici rappresentativi dei diversi effetti osservati durante i sismi e tali diagnostici furono poi classificati per definire gradi di severità crescente.

Una storia delle scale macrosismiche fu scritta dal professore di matematica e sismologo “dilettante” inglese Charles Davison, forse il primo a farne una trattazione che potremmo definire analitica in vari suoi lavori (Davison, 1900, 1921 e 1933). La prima scala ad avere un utilizzo internazionale è stata la scala De Rossi-Forel. Essa derivava dall’unione della scala De Rossi, nata nel 1874, e largamente utilizzata, con la scala Forel del 1878 usata in Svizzera. Dal 1882 e per oltre venti anni la De Rossi-Forel ha rappresentato la classificazione dei terremoti in tutto il mondo. Dalle modifiche ad essa Mercalli derivò le sue prime scale, a partire dal terremoto ligure del 1887, per descrivere il quale Mercalli e Taramelli (1888) ritennero insufficiente il dettaglio fornito dalla scala De Rossi-Forel (Mercalli, 1902).

Da un punto di vista squisitamente cronologico potremmo individuare vari periodi in cui suddividere la storia delle scale macrosismiche: un primo periodo caratterizzato dalle scale “personalizzate”, le più antiche, costruite per un solo evento; un secondo periodo a partire dal 1874, data della pubblicazione della scala di De Rossi, fino al 1956 quando Charles Richter scrisse una versione aggiornata della scala di Wood e Neumann (1931) che avevano tradotto in inglese la scala Mercalli. La scala, attualmente in uso negli Stati Uniti e in altri paesi extraeuropei, mantenne il nome di Mercalli Modificata (MM). In mezzo vi furono dei tentativi di stilare delle scale “assolute”, associando ai gradi di intensità dei valori di accelerazione (Bassani, 1897; Cancani, 1904).

Ultimo e più recente periodo è quello della scala MSK (Medvedev, Sponhauer, Karnik, 1964 e 1978), che per prima comincia a tener conto sistematicamente degli edifici in cemento armato, e delle sue derivate, nelle quali compaiono specifiche distinzioni di tipologie edilizie e relative percentuali di danno. L’ultima in ordine di tempo è la European Macroseismic Scale 1998 (EMS98, Grünthal, 1998).

La filosofia alla base delle scale di intensità è rimasta in pratica invariata anche a fronte di una forte evoluzione tecnologica della sismologia.

(stralcio estratto da Tertulliani, 2019)

 

Riferimenti bibliografici

Bassani C. (1897). Prime ricerche sulla provenienza del terremoto di Firenze nella sera del 18 maggio 1895. Bollettino Mensuale dell’Osservatorio Centrale del R. Collegio Carlo Alberto in Moncalieri, serie II, Vol. XVII, 81­88.

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Grünthal G. Tertulliani A., Azzaro R., Buffarini G. (Eds.) (2019). Scala Macrosismica Europea 1998 = European Macroseismic Scale 1998. Cahiers du Centre Européen de Géodynamique et de Séismologie, 32, Luxembourg, Centre Européen de Géodynamique et de Séismologie, 97 p. https://doi.org/10.2312/EMS-98.full.it

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